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Orto a cumulo n°3: impianto

I giorni scorsi, in circa 6 ore di lavoro manuale, ho impiantato un nuovo orto a cumulo di 2,2 x 1 m. Ho riempito lo scasso profondo circa 30 cm con biomassa proveniente dal giardino: il vecchio melo e le potature di prugno forniscono buona parte del materiale più legnoso (carbonio) al sistema, mentre le potature di fico, acero e prunus insieme a ramaglie di cespugli e rampicanti vari forniscono la componente più “verde” (azoto). Questa volta ho aggiunto anche circa 5 kg di stallatico pellettato biologico per un po’ di NPK extra e mezzo secchio di compost semi-maturo (per fornire varietà nella popolazione batterica del sistema). Una volta ricoperto di terra ho seminato tutto il cumulo di fagiolini (leguminose, dunque azotofissatori) e ho pacciamato abbondantemente con sfalcio di prato. La pianta in primo piano è un verbasco (Verbascum thapsus) spontaneo.

OrtoCumuloTutorial

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Orto verticale: costruzione e considerazioni

Vertical Hugelkultur

Ho costruito un nuovo orto rialzato (hugelkultur) utilizzando potature e legna di melo, prugno, nocciolo, fico, salice e acero, ma anche ramaglie, foglie, cortecce e gusci di nocciole: tutta la biomassa prodotta dal giardino e accumulata nell’inverno. Questa volta l’area è di 5×1 m, ma dato che è un orto verticale (o una scarpata) la superficie coltivabile è di circa 6.5 mq.

Il procedimento è più o meno lo stesso che ho seguito qui: ho fatto uno scavo profondo 30 cm estraendo la terra a zolle, ho accumulato tronchi, rami e potature e poi ho ricoperto tutto con le zolle di terra rivoltate e pacciamato abbondantemente. Ho deciso di dare una forma di scarpata ripida al sistema perché Holzer sostiene che che i risultati migliori si ottengano con orti rialzati con pendenze di 60 o 70 gradi (Sepp Holzer’s Permaculture: a practical guide to small-scale, integrative farming and gardening), ma anche grazie alle informazioni e ispirazioni tratte da qui.

 L’orto verticale è un hugelkutur, ovvero un orto rialzato, per cui una volta costruito il sistema non si utilizzerà più la vanga o la zappa (no-till farming). La biomassa, decomponendosi, crea calore e rilascia nutrienti che resteranno nel terreno. A lungo termine la legna e le fascine interrate creano un sistema spugnoso che trattiene l’acqua quando piove e la rilascia gradualmente mantenendo il terreno sempre umido. Quando il sistema sarà stabilizzato non sarà (quasi) mai necessario irrigare e fertilizzare. Il muro funge da accumulatore di calore e crea un’area più calda e quindi una stagione di coltura più lunga, cosa molto desiderabile soprattutto in montagna. Il cumulo di foglie che ho utilizzato per pacciamare era ricchissimo di lombrichi (soprattutto appena nati ma alcuni lunghi fino a 20 cm) che ora popolano il sistema e lavorano la terra.

Il sistema è appena installato e non è stabile: la biomassa non trattiene abbastanza acqua perché ancora non è matura e spugnosa. Inoltre il muro caldo farà evaporare l’acqua più in fretta e finché il sistema non sarà stabile e ben carico di acqua bisognerà affidarsi alle piogge di primavera o bagnare più spesso. A parte i primi 5 cm di humus, la terra è argillosa, compatta e senza materia organica: anche in questo caso è un problema di tempo prima che diventi soffice, ma nel frattempo è poco ospitale per le piante meno forti. Non ho aggiunto quasi niente stallatico, per cui dovrò costruire la fertilità del suolo con piante azoto-fissatrici, con la pacciamatura e aggiungendo materia organica (compost, sfalcio di prato, concime) quando disponibile. Nel tempo i nutrienti della biomassa interrata saranno disponibili e la fertilità del sistema si dovrebbe stabilire. Ho interrato anche legna di salice ritorto nonostante il rischio che i rami germoglino. Il rischio è quello di avere un bosco di salici di 5 mq.

Orto a muro: anteprima

L’idea è quella di costruire un sistema solare passivo utilizzando la massa termica (thermal mass) del muro (ovvero la capacità di una massa di assorbire e rilasciare calore gradualmente) per ottenere un orto caldo. Dato che il muro è esposto a sud-sud-est ed è il punto più assolato del giardino, la riserva di calore accumulata dovrebbe creare un microclima sensibilmente più caldo. Lo scavo sarà di 1×5 metri circa, ma conto di aumentare la superficie coltivabile dando all’orto rialzato la forma di una scarpata più o meno ripida. Tutta la biomassa (tronchi, fascine, potature) sarà interrata e diventerà il serbatoio di acqua e nutrimenti per l’orto (come qui e qui), mentre le foglie raccolte in autunno forniranno lo strato di pacciamatura necessario a proteggere il terreno e a conservare l’acqua nel sistema.

6 mesi di hugelkultur

In questi 6 mesi l’orto rialzato ci ha dato 15 kg di verdure, soprattutto brassicacee. Al momento (ultima foto) ospita un cavolfiore superstite, biete, sedano, cipolle, aglio e fave. A detta di molti permacultori il principale (se non unico) difetto di questi sistemi di coltura è la scarsa produttività del primo anno. Mantenendo un’alta diversità colturale e seminando a ciclo continuo, comunque, si fa in modo che il sistema sia sempre produttivo anche il primo anno.

Prima neve

Hugelkultur o Orto senza acqua

Dopo due mesi e mezzo la mezzaluna è piuttosto lussureggiante: il sistema è riuscito a resistere anche alla siccità di Agosto con una sola annaffiatura (dopo due settimane di sole senza neanche una nuvola). Quando i tronchi e le fascine interrate avranno creato uno strato abbastanza spugnoso da trattenere una grande quantità di acqua, in teoria, non sarà più necessario annaffiare. Secondo Holzer* si ottengono risultati molto migliori (ovvero depositi di acqua più capienti e duraturi) interrando tronchi e fascine piuttosto che utilizzando cippato o paglia come viene spesso consigliato per installare gli “orti senza acqua”.

*Sepp Holzer’s Permaculture: a practical guide to small-scale, integrative farming and gardening

Hugelkultur: foto time-lapse del primo mese

Dopo aver preparato il letto rialzato, la “mezzaluna fertile”, abbiamo iniziato immediatamente i trapianti e le semine. In tempi diversi abbiamo trapiantato cavoli banchi, cavoli rossi, cavolfiori, sedano, insalata e erba cipollina. Abbiamo seminato carote, biete, cime di rapa, ravanelli, ravanelli minowase, sedano, zucchine e radicchio. Il compost che abbiamo interrato nella mezzaluna e sul quale coltiviamo ha contribuito con qualche pianta di melone e cocomero (destinati a morire vista la stagione, ma buoni fake-targets per le lumache). Questo è il foto time-lapse del primo mese di vegetazione del sistema: non tutti i semi sono nati e molti altri arriveranno nelle prossime settimane.

Hugelkultur o Orto rialzato: costruzione

Circa un mese fa abbiamo costruito un letto rialzato (o hugelkultur) utilizzando potature (legna, fascine e ramaglie), compost, letame e sfalcio di prato. Tutta la biomassa è stata prodotta dal giardino (ad eccezione del letame che viene da non più di 10 km da qui), tutto il lavoro è stato fatto senza utilizzo di mezzi meccanici e\o uso di combustibili fossili. Da autodidatti avidi di libri e di idee, abbiamo saccheggiato liberamente in rete, confrontando, riadattando e ripensando pratiche e concetti. L’input per questo progetto viene soprattutto dalla lettura di “Sepp Holzer‘s Permaculture – A Practical Guide to Small-scale Integrative Farming and Gardening”.

Abbiamo misurato un cerchio di 2,6 metri di diametro e abbiamo scavato una traccia profonda 30 cm levando il terreno a zolle. Calcolando che abbiamo lasciato  lo spazio per accedere all’interno della circonferenza, abbiamo una superficie coltivabile di circa 5 metri quadri (piani).

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Abbiamo messo la legna e i rami più grandi sul fondo, mettendone alcuni in posizione verticale per favorire la risalita dell’acqua dal fondo del letto alla superficie coltivata. Abbiamo usato principalmente legna di nocciolo, melo e brigna (susino della Siria) e abbiamo evitato di utilizzare legna di alberi resinosi (es. Tuia).

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Abbiamo aggiunto potature verdi (soprattutto polloni di nocciolo e rampicanti) e sopra a queste abbiamo messo letame di pecora maturo, compost e terra sciolta.

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Abbiamo ricoperto tutto con le zolle di terra facendo attenzione a posizionarle con l’erba in basso e le radici verso l’alto perché la Cynodon Dactylon (anche conosciuta come gramigna) non perdona ed infine abbiamo pacciamato abbondantemente con lo sfalcio del prato: ora si semina.

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